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CHI VOGLIO ESSERE?

“CHI VOGLIO ESSERE?”

Un mio piccolo paziente durante una seduta di gioco mi confessò che alcuni amichetti lo prendevano in giro per il suo aspetto fisico: “sei brutto”, “sei uno stecchino” dicevano. Dopo aver parlato delle sue emozioni a riguardo gli chiesi cosa vedesse allo specchio (in quel momento strumento di gioco): “ti vedi bello, brutto, grasso, magro?” Il piccolo si guardò attentamente senza paura per qualche minuto, quindi non un tempo poi così breve, e mi diede una risposta talmente semplice da farmi precipitare nello sconcerto più totale: “IO VEDO ME STESSO ELISA”. Pelle d’oca! In quel momento mi sono dapprima commossa molto e poi mi sono sentita un po’ in colpa, mi sono resa conto di aver commesso un errore: non dovevo influenzare o guidare il suo sguardo offrendo alternative “bello, brutto ecc..” e la sua risposta così profonda, mi ha insegnato moltissimo.

Ora vi chiedo di leggere e riflettere sullo schema seguente, divulgato nei social media anche da colleghi e scritto da una giornalista spagnola, Celina Canales, non conosciuta in Italia.

A livello didattico e teorico direi che è molto interessante, a livello umano/emotivo, per me, scricchiola abbastanza. La domanda è ben specifica “Chi voglio essere durante il COVID-19?”

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Il tema che viene proposto in questo caso riguarda la pandemia che stiamo vivendo, ma ciò che ha attirato la mia attenzione è “chi voglio essere?” Vengono presentate tre zone di reazione e siamo invitati a collocarci per capire se siamo più impauriti, se ci stiamo risollevando o se siamo centrati su noi stessi, in equilibrio con un buon spirito di adattamento.

Logicamente tutti vorremo essere nell’utopica zona di crescita. Ma non è così, aggiungo per fortuna.                      Il mio piccolo paziente è stato maestro nel dimostrare che davanti a qualsiasi evento o situazione o scelta io SONO ME STESSO. “Chi voglio essere durante il COVID-19?” Voglio essere me stesso.

Con le mie paure, con i miei momenti di consapevolezza alternati a giornate di straordinaria creatività e solidarietà, con ore di angoscia in cui non respiro e altre in cui vedo il mondo con occhi pieni di speranza. Chi vedi davanti allo specchio? Chi vorresti essere quando lavori? Quando sei con i tuoi cari? Me stesso. Non posso essere altro che questo. Posso migliorarmi, motivarmi, cambiare le mie abitudini, impegnarmi a fare esperienze nuove, leggere, studiare, imparare, ma sono comunque me stesso. Il mio mondo emotivo non segue schemi, non può essere incasellato, strutturato o cambiato in uno schiocco di dita, il mio mondo emotivo non può essere addestrato. Se sono preoccupato o angosciato o triste che sia a causa del Covid-19 o per un problema familiare o per pensieri altri, questa emotività va ascoltata non cambiata, non giudicata.                        Io scelgo di essere me stesso e accettare le mie montagne russe. Si, su e giù come segna l’elettrocardiogramma o l’elettroencefalogramma quando siamo vivi, diversamente sarebbero piatti e noi morti.

La parte dell’elaborato della signora Canales che parla di zona di crescita è meravigliosamente utopico. Non posso dirmi di essere in fase di crescita solo quando sono in perfetta forma, gioioso, equilibrato e solidale. Io cresco soprattutto quando guardo in faccia la mia angoscia che, quando arriva, non mi permette di connettere, quando ammetto e vedo la mia tristezza che appena mi attraversa mi sento incapace di reagire. Tutto questo può accadere in questo difficilissimo momento di pandemia, ma anche quando nella mia routine quotidiana m’imbatto in problematiche diverse e difficili. Quando non sto bene o sono in forte difficoltà nessuno mi può dire come uscire dall’incubo o allenarmi a farlo, mi serve qualcuno che mi aiuti a vedere me stesso in quella situazione terribile e che mi stia accanto anche se sono fortemente a disagio. Crescere non è scegliere di essere positivo, bravo, giusto. Crescere significa Riconoscersi Umano, EMOTIVO.                                                                Gli schemi servono per studiare. Per VIVERE, CRESCERE e definire se stessi serve SENTIRSI. Sentire noi stessi mentre proviamo emozioni non è semplice perché risveglia tutta la nostra fragilità e ci viene naturale difenderci negando o evitando di stare in ascolto. Sentirsi però è l’unica via per capire di che cosa abbiamo bisogno per stare meglio. Diversamente avremmo sempre urgenza di qualcuno che ci persuada o ci guidi nel costruire una definizione (illusoria) di noi stessi. Può essere una persona, una lettura o una schema come questo.

A questo schema, pertanto, io cambierei la domanda: cosa potrebbe succedere ciclicamente, costantemente dentro di noi durante una pandemia? E toglierei i confini.

Siamo tutti giustamente sempre alla ricerca del nostro equilibrio, ma se per equilibrio e crescita intendiamo assenza di paure o di reazioni emotive inopportune, allora la ricerca è vana. Io sono in equilibrio quando sono connesso e in ascolto dei miei bisogni, non con l’immagine di me ideale o che si aspetta l’altro.

La serenità, la felicità o l’equilibrio non sono scelte perché se potessi sceglierei sempre di stare bene e perché chi sta male certamente non sta scegliendo di soffrire. Nessuno ci allena alla vita, ma possiamo provare a sentire di più noi stessi, ciò che proviamo nei momenti più amari e provare a chiederci di che cosa abbiamo bisogno e di chi abbiamo bisogno.

Una poesia Alda Merini che io amo molto recita:

Mi piace il verbo sentire…

Sentire il rumore del mare,

sentirne l’odore.

Sentire il suono della pioggia che ti bagna le labbra,

sentire una penna che traccia sentimenti su un foglio bianco.

Sentire l’odore di chi ami,

sentirne la voce          

e sentirlo col cuore.

Sentire è il verbo delle emozioni,

ci si sdraia sulla schiena del mondo

e si sente…

Ricordiamoci tutti i giorni di scegliere di essere noi stessi.

Fine

Dott.ssa Elisa Bovolenta,

psicologa, psicoterapeuta sistemica

relazionale per terapie individuali,

di coppia e familiare.

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